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Sessualità e malattie sessualmente trasmesse

In Italia circa il 20% di nuovi casi viene diagnosticato in giovani tra i 15 e i 24 anni.

Una delle priorità per chi si occupa di salute pubblica è il saper riconoscere precocemente e intervenire efficacemente sui problemi più seri ed emergenti che costituiscono una minaccia per la salute stessa.

Tra questi le infezioni a trasmissione sessuale (IST) occupano un enorme spazio, sia in paesi industrializzati sia in quelli in via di sviluppo. Da metà degli anni 90 è segnalato un aumento di diagnosi di IST, specialmente tra gli adolescenti tra i 16 e i 19 anni. Questi rappresentano da soli la metà dei nuovi casi. Secondo le stime dell’OMS le IST hanno una incidenza annuale di 357 milioni di casi nel mondo. Quasi un milione di persone contraggono ogni giorno una IST. Tra questi in particolare maggiormente rappresentati l’HPV, la clamidia, la gonorrea, la sifilide, la tricomoniasi. A parte va considerato l’HIV, perché la incidenza di questa infezione sulla salute e sullo stato economico di interi paesi, specie africani, costituisce da molto tempo una vera emergenza.

La maggior parte delle infezioni sono silenti, le persone non sono consapevoli del loro stato di infezione, rappresentando quindi una fonte di contagio per gli altri.

Anche in Italia circa il 20% di nuovi casi viene diagnosticato in giovani tra i 15 e i 24 anni.

Una spiegazione plausibile sul maggior rischio di IST nei giovani sta nella scarsa conoscenza e consapevolezza dei giovani sui rischi correlati alle abitudini sessuali, all’inizio dei primi approcci sessuali in più giovane età (15.6+- 1.6 anni), spesso senza alcuna protezione e spesso con partner diversi.

Ad oggi la più conosciuta IST è sicuramente quella da HIV, ma nonostante la pericolosità della malattia associata (AIDS), molto poca è la consapevolezza sulle modalità di trasmissione di questa malattia. Sconcertante è il dato che il 20% di giovani italiani crede che la pillola contraccettiva prevenga la trasmissione di infezioni, mentre il profilattico serva solamente per evitare una gravidanza indesiderata.

Altro dato altrettanto sconcertante è che la infezione da HPV, che è di gran lunga la più frequente infezione sessualmente trasmessa, è anche la meno conosciuta.

La consapevolezza sulle STI è direttamente correlata alla età, infatti con la crescita l’interesse e la curiosità porta i giovani ad informarsi di più, ma le conoscenze sono spesso molto superficiali e spesso non corrette, ad esempio non è conosciuta la differenza tra HIV e AIDS, tra sieropositività e malattia, che per l’AIDS non esiste una cura definitiva, non c’è consapevolezza del rischio di trasmissione e dei sistemi di prevenzione. Paradossalmente con l’aumento delle aspettative di vita delle persone sieropositive grazie alle terapie antiretrovirali, si è ridotta la percezione del rischio di trasmissione della malattia.

Un discorso a parte va fatto per i giovani omosessuali, perché’ questi per molteplici ragioni spesso hanno difficoltà a dichiarare la loro identità sessuale e a rivolgersi ai servizi sanitari. Per contro sono invece più esposti alle infezioni sessualmente trasmesse.

E’ intuitivo che la informazione dovrebbe iniziare con programmi di educazione sessuale nelle scuole, in Italia così come già da tempo è stato fatto in altri paesi della unione europea, quali Svezia, Danimarca, Francia e Germania. In questi paesi si osserva, grazie a questi programmi, una riduzione negli adolescenti di gravidanze indesiderate, aborti e IST. A questo si aggiungono i maggiori sistemi di informazione, internet, la TV e il personale sanitario. E’ importante sottolineare che i genitori, che sono fondamentali fonti di informazione su argomenti sessuali sono raramente riconosciuti dai giovani come loro referenti in materia. Per contro una migliore relazione genitori-figli è associata ad un minor numero di casi di “incidenti” dovuti ai primi approcci sessuali in adolescenti. Questo aspetto di relazione difficile con gli adolescenti non deve essere visto come un ulteriore ostacolo ad una crescita consapevole. Infatti, la genitorialità consapevole delle difficoltà adolescenziali sulla sessualità e non solo deve trovare una sponda di sicurezza in idonee strutture ed in corsi ad hoc dedicati.

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