Lun - Ven 09.00 - 18.00 +39 06 32833info@impresaperlavita.com
Lun - Ven 09.00 - 18.00 +39 06 32833info@impresaperlavita.com

Generare un figlio può rappresentare per la donna il momento massimo di espressione psico – biologica e, allo stesso tempo, un’occasione di stress e di sovraccarico inimmaginabile, oggi più di ieri, quando si viveva in una famiglia allargata ed era tutto il sistema familiare, coadiuvato da altre generazioni di donne, a fare “rete” per l’arrivo del nascituro. La maternità, gesto creativo per eccellenza naturale, rappresenta il campo di applicazione delle cure più vasto e, come tale, diviene anche il luogo di maggiore vulnerabilità ed esposizione alla fragilità interiore, alla depressione, come risposta ad eventi stressanti, scarsamente controllabili, perché non sostenuti da adeguati strumenti di conoscenza e di supporto sociale. E’ importante anzitutto differenziare tra la depressione e quella che è una normale variazione del tono dell’umore, correlata in modo funzionale alle vicende ormonali, il cosiddetto “baby blues”. Questo fenomeno si caratterizza per uno stato di irritabilità, di tendenza al pianto, di ansia, di instabilità dell’umore nei primi giorni dopo il parto, e colpisce l’80% delle madri. Ha una durata temporale di qualche giorno. La Depressione post-partum, invece, può essere qualsiasi tipo di disturbo depressivo che, però, si colloca a quattro settimane dal parto e colpisce il 13% delle neo-mamme. Ha una durata variabile ed è evidenziato dall’insorgenza di alcune paure e vissuti specifici che riguardano la relazione con il bambino:

  • Stati di insicurezza e paura che hanno per oggetto la fragilità del bimbo (non essere in grado di far fronte a tutte le necessità del piccolo, paura di far male al bambino per la propria inadeguatezza);
  • Perdita del sentimento positivo, non sentire l’amore, non sentire la gioia relativamente all’evento nascita;
  • Distacco fisico dal bambino, non volerlo toccare ed abbracciare;
  • Paura di non essere una madre normale.

Tali vissuti possono riscontrarsi anche in periodi lontani dal post-partum, e riguardare inoltre il tempo dell’ingresso del bambino in asilo ed i periodi successivi.

Sono quindi relativi alla tappa della maternità con figli piccoli, che si contraddistingue per la massima concentrazione di responsabilità materne.

Questi fattori di incapacità, nella relazione con il figlio, associati a stati depressivi possono addirittura assumere caratteristiche acute e divenire, nel post-partum, molto simili ad una esperienza post-traumatica da stress caratterizzata da meccanismi di evitamento e distacco verso l’evento nascita da parte della donna. Dietro una maternità ci può essere sempre una storia di precaria adeguatezza personale, solitudine, mancate condivisioni, pericolosi “non detti” nel sistema familiare di riferimento. Miti materni scarsamente aderenti alle condizioni reali. La valutazione diagnostica della maternità come evento stressante sarebbe chiaramente uno strumento sano di sostegno al mondo femminile che verrebbe a gettare un “ponte” fra realtà ideale e realtà reale affinché nessuna donna si possa sentire fuori dagli schemi ma capace di “essere mamma”. Una maggiore attenzione alle condizioni di stress presenti nella maternità (alterazione del ciclo sonno veglia, del ciclo alimentare, dei processi di rappresentazione del sé, ecc.) che vanno ad alterare i processi abituali di reazione stimolo-risposta, ponendo le premesse per uno scompenso psico-fisiologico anche di grave entità, rappresenterebbe la condizione ottimale per accogliere il meraviglioso e complesso processo di generatività umana. Con la nascita di un figlio il lavoro di cura stravolge i ritmi di vita, soprattutto nella prima fase della nascita del piccolo e, ciò, può avere un fortissimo impatto sull’equilibrio psico-fisico della donna se essa non è correttamente preparata o non è supportata adeguatamente. Il nascituro, infatti, irrompe nella vita con due tipologie di fattori:

  • Un cambiamento complessivo e concentrato nel tempo caratterizzato da un aumento improvviso ed elevato di compiti e responsabilità, non confrontabili con esperienze precedenti;
  • Una modifica dei processi cognitivi ed emozionali che riguardano la percezione del sé (tutto ciò che riguarda sé stesso delimitato rispetto a ciò che è esterno ed altro a me) che subisce un “ampliamento”, incorporando anche la valutazione dell’altro come parte del sé. Da ora in poi la relazione con il proprio “Sé” nella donna sarà mediata fortemente e prepotentemente dalla relazione con l’altro, ovvero dai bisogni dell’altro, che saranno tendenzialmente messi al primo posto o vissuti come quelli da “mettere al primo posto”. In crisi sarà il rapporto con il proprio sistema di bisogni, e le proprie sicurezze potranno essere intaccate.

Ambedue questi effetti, che costituiscono cambiamenti altamente stressanti, nella vita delle persone, sono implicati nel rischio di depressione e vanno quindi posti sotto controllo con pratiche adeguate.

Related Posts

Leave a Reply