Avere o non avere figli, è questo il dilemma
In Italia nascono sempre meno bambini e allo stesso tempo il numero dei matrimoni cala. Così, il peso relativo di bambini nati da genitori non sposati sta aumentando sempre di più: dal 2006 al 2019, ad una diminuzione dei nati da coppie sposate è corrisposto un aumento di quelli nati fuori dal matrimonio che, secondo l’Istat, già nel 2015 consisteva nel 28,7% del totale dei bambini nati viti.
Il concetto stesso di famiglia sta mutando: se fino a qualche anno fa era quasi universalmente identificabile con la stessa immagine stereotipata, ormai è un concetto polimorfico, in costruzione, che si sta aprendo a forme sempre più inclusive e diversificate.
Ma la scelta di non avere figli, o di averne solo uno, è consapevole e libera oppure è obbligata?
Il Fertility Gap è la distanza fra il numero di figli desiderato (espresso con le intenzioni di fertilità) e il numero reale di figli avuti dalle donne (espresso con il tasso di fertilità). Nel rapporto annuale dell’Istat relativo al 2019, si segnala che tra le donne senza figli, circa il 45% delle donne tra 18 e 49 anni, quelle che non includevano la genitorialità nel proprio progetto di vita erano meno del 5%.
Save the Children ha riportato i dati di un recente studio che ha comparato le intenzioni di fertilità delle donne tra i 20 e i 24 anni di 19 Paesi europei nate nei primi anni ’70 (intervistate quindi negli anni ’90) con i successivi tassi di fertilità intorno ai 40 anni. Da tale indagine è emerso che, sebbene il divario maggiore tra intenzioni di fertilità e fertilità effettiva si registri nei Paesi del Sud Europa (Italia, Spagna, Grecia), si tratta di un problema diffuso e generalizzato per cui, alla fine, più donne di quante avrebbero voluto sono rimaste senza figli.
La crisi economica e occupazionale che stiamo vivendo, e che sta colpendo soprattutto i giovani, si ripercuote inevitabilmente anche sulla natalità: nella difficoltà a trovare un impiego stabile, nella mancanza di servizi per l’infanzia, adeguati e accessibili a tutti, e nell’incompatibilità della vita lavorativa e familiare.
A questo si deve aggiungere anche una profonda revisione dei modelli culturali relativi alla procreazione. Scegliere di avere un figlio fa sempre più paura, sembra un salto nel buio, mentre bisogna avere una speranza per poter generare la vita. Purtroppo, oggi le giovani coppie vivono una maggiore fragilità, con il passato percepito come arcaico e inattuale, il presente incerto e un futuro con pochissimi riferimenti.
Tutti questi fattori hanno portato ad una tendenza generalizzata a rinviare i momenti di passaggio alla vita adulta, con i giovani che vengono definiti “ragazzi” fino ad oltre i 30 anni e che tardano a lasciare “il nido”. I grandi cambiamenti vengono rimandati, compresa l’esperienza genitoriale, ma il vero problema è che mentre nella scelta di comprare una casa o di sposarsi si può procrastinare senza tenere conto di fattori esterni, la scelta di diventare genitori è condizionata da un fattore naturale, fisiologico, con cui non si può non fare i conti: l’orologio biologico.
Quando sono stati raggiunti tutti quegli obiettivi personali e di coppia che sembrano imprescindibili prima di pensare di avere un figlio, spesso questo progetto è stato rimandato troppo a lungo, e si è costretti a rinunciare. Il Fertility Gap ci rimanda l’immagine di donne e coppie per cui la scelta di non avere figli è troppo poco spesso consapevole ed è piuttosto la conseguenza di ritardi esterni.
Redazione Impresa per la Vita
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